L’indagine sul fallimento della concessionaria genovese Autocorsica sta coinvolgendo tantissimi figure note. Scopriamo chi è finito sotto processo.
La crisi dell’Automotive, a catena, coinvolge anche i concessionari. La maggioranza è sull’orlo di un fallimento. I problemi sono svariati ma, strettamente, legati alle mancate vendite delle nuove vetture. L’usato è schizzato alle stelle e, in questo scenario, chi ha una vecchia auto preferisce tenersela stretta. Gli addetti ai lavori hanno avanzato forti critiche dure verso l’operato del Governo sia durante l’emergenza COVID che nel post-lockdown. La situazione non tornerà, facilmente, ai livelli del 2019. Tante concessionarie sono fallite e tante altre rischiano di farlo nei prossimi anni.
L’ex Presidente dell’Ordine dei commercialisti di Genova, Paolo Ravà, dovrà difendersi dall’accusa di bancarotta e autoriciclaggio, dovuta dal fallimento della storica concessionaria Autocorsica che chiuse i battenti nel marzo 2016. Sono finiti in tribunale sotto giudizio pure l’imprenditore Enrico Vinelli, oggi gestore di un ristorante, sua moglie Katia Delle Monache, e due elementi del collegio sindacale della società fallita, nonché colleghi di studio dell’ex presidente dei commercialisti: Luca Valdata e Domenico Ravà. Ad entrambi non è contestato l’autoriciclaggio.
La decisione dell’abbreviato è condizionata all’esame e contro-esame di tutti consulenti tecnici. Nel passaggio dalla Autocorsica alla nuova società concessionaria Centro, secondo il pm Luca Monteverde e il procuratore aggiunto Francesco Pinto, non erano stati stimati l’avviamento della prima società, che per l’accusa valeva almeno 703mila euro, né il canone dell’affitto per circa 115mila euro, come sancito sulle colonne de La Repubblica.
Autocorsica, caso in tribunale
Il Tribunale del Riesame ha confermato i sequestri eseguiti dalla Guardia di Finanza e autorizzati dal Gip. Le Fiamme Gialle avevano ottenuto i conti del commercialista (circa mezzo milione) anche se i militari ne cercavano 819mila e 806 euro corrispondenti alla distrazione minima secondo l’accusa. A Ravà i militari avevano provveduto a sequestrare persino una barca quando era a capo dell’Ordine dei commercialisti.
Nel Riesame era stato ammesso che “sussiste il periculum in mora vista l’incapienza economica dell’indagato (poiché non è stato possibile trovare beni sufficienti a raggiungere la quota di 819 mila Euro, ma anche l’eventualità di un depauperamento delle risorse di Ravà, vista la disinvoltura manifestata con la condotta consistita, secondo la tesi accusatoria, nella sostanziale spoliazione della società poi fallita in favore di quella costituita ex novo, con l’indubbia abilità necessaria a dissimulare i trasferimenti del caso”.
Secondo quanto affermato dal Gip, Ravà “non si limitava a monetizzare le parte del suddetto profitto attraverso la cessione di quote di «Centro Spa» ma «reinvestiva le somme ricavate dalla suddetta cessione acquistando nuove azioni di Centro da soggetti terzi”, e poi “trasferiva a Vinelli parte del profitto”.