C’è bisogno di un piano per bloccare il dominio cinese nel settore delle quattro ruote. A parlarne, apertamente, è stato il ministro Urso.
L’Europa si deve dare una sveglia se non vuole rischiare di ritrovarsi, completamente, mangiata dalla concorrenza asiatica. Se il Giappone ha inaugurato una strategia vincente di differenziazione della gamma con motori termici, ibridi, elettrici e persino a idrogeno, il car market cinese e coreano sta sfruttando le materie prime delle terre rare per mettersi in una posizione di assoluto vantaggio sulla filiera europea dell’Automotive.
La situazione si è fatta piuttosto drammatica perché la crescita della Cina sta avvenendo a tempi record, così come il crollo dei numeri dei major europei. L’errore è stato quello di stendere un tappetto rosso ai colossi del Paese del Dragone Rosso con una politica green che avrebbe favorito, formalmente, il primo produttore di auto elettriche al mondo in Cina, che inquina e tratta i lavoratori con modalità ben diverse rispetto a quelle imposte in Europa.
In questo scenario è difficile immaginare una rivoluzione totale nei prossimi anni. Oramai i brand europei sono costretti a scendere a patti con i player cinesi o sono fagocitati. I cinesi stanno impiantando anche stabilimenti nelle realtà povere d’Europa per aggirare i dazi. Per questo motivo occorre una strategia che fermi una rapida invasione che sta distruggendo le proposte dei gruppi europei. C’è una sola soluzione contro la crisi dell’industria dell’Automotive: realizzare una grande politica industriale che aiuti aziende e automobilisti a scegliere le EV.
L’appello del ministro Adolfo Urso
Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, all’assemblea pubblica di Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica) ha annunciato: “Sbaglia chi pensa che i dazi siano la soluzione. Sbaglia chi pensa che rimuovere le multe sia la soluzione. Queste misure sono solo una parte della soluzione, perché la questione va affrontata nella sua complessità”. E, secondo Urso, il cosiddetto “non paper” che l’Italia ha proposto insieme alla Repubblica Ceca e altri Paesi membri centra al 100% l’obiettivo. L’exit di Tavares è un altro brutto segnale per Stellantis e l’intero car market europeo.
Nel documento “chiediamo di anticipare la clausola di revisione al 2026 mantenendo il target di decarbonizzazione al 2035 e costruendo, però, le condizioni che permettono di giungere all’appuntamento conservando la nostra competitività”. Il problema è che l’Europa può finire “non con un’industria a zero emissioni, ma con zero industria. Serve un piano automotive a sostegno di offerta e domanda, con incentivi stabili e duraturi”, ha spiegato Urso. “Chiediamo inoltre un’autonomia strategica dell’Europa. Non possiamo passare dalla subordinazione al carbone russo a quella delle batterie cinesi. È importante farlo subito. Si rivedano le folli regole del Green Deal”, ha concluso il ministro delle Imprese e del Made in Italy.