La crisi dell’Automotive sta portando l’Europa in un baratro. In Renault hanno lanciato un clamoroso appello alle istituzioni.
Come se non bastasse la crisi dell’industria in generale, a Bruxelles hanno fatto di tutto per complicare la vita ai produttori di automobili europei. La filiera italiana, in particolare, era una delle più forti e produttive al mondo. L’export viaggiava a gonfie vele e non c’era nemmeno l’ombra di una crisi. Non bisogna fare necessariamente un salto ad inizi anni ’90 quando l’Italia con la Lira era la quarta forza al mondo ma sino a pochi anni fa, nella fase pre Covid-19, i dati erano ancora incoraggianti.
I brand europei fronteggiavano quelli americani e asiatici con le loro armi. Il virus nato a Whuan ha tolto molte vite e distrutto le certezze imprenditoriali in Europa. Sfruttando il tappeto rosso steso dalle istituzioni europee sulle auto elettriche si è creato un ponte tra Cina ed Europa che nemmeno con i dazi si bloccherà. Marchi storici sono stati costretti a correre ai ripari, spaventati dalle strette ecologiche e dall’invasione cinese.
Tutte le materie prime sono nelle terre rare asiatiche e con uno sfruttamento lavorativo dei dipendenti la crescita appare inarrestabile. Nel 2024 la BYD ha staccato la Tesla nel car market elettrico mondiale. C’è una tendenza che sta spostando l’economia sempre più a Est. Tra non molto i brand cinesi detteranno legge, costruendo milioni di vetture in Europa, con buona pace dei tardivi dazi che non freneranno il boom. Per di più l’Europa continua a minacciare gli Stati membri di pesanti multe per non rispettare una tabella di marcia nella lotta all’inquinamento fuori da ogni più utopistico piano di azione concreto e reale. Tavares ha scelto di dimettersi.
Gli Stati membri di una Europa sempre più in confusione stanno deragliando tra scadenze e minacce. Luca de Meo, nel ruolo che riveste nel Acea, ha annunciato: “Penso che nessun produttore metta in discussione la direzione della decarbonizzazione nel settore trasporti: non c’è nessuno nel settore automobilistico che sta cercando di negare la necessità della decarbonizzazione. Il problema è il percorso e il modo per arrivarci. Ci arriviamo con il contributo di tutti, non solo mettendo l’onere sulle case produttrici con le multe e le scadenze, perché non funziona. O funziona nel senso che dovremo bloccare molte risorse a breve termine per pagare le multe. Con le sanzioni l’Europa si spara sui piedi”.
Inoltre, a suo avviso, c’è “bisogno di un po’ di flessibilità nel sistema per far andare le cose come vanno in un’azienda: facciamo un piano decennale, poi facciamo un piano a medio termine, da tre a cinque anni, e poi facciamo un budget ogni anno“. Le dichiarazioni riportate sulle colonne di Quattroruote rappresentano un monito che non potrà passare inosservato.
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