Un’auto d’epoca trasformata in un bolide da corsa, con un finale che lascia l’amaro in bocca. Ha un motore davvero mostruoso.
Ci sono storie che sembrano destinate a finire male fin dall’inizio. Come quella di Westen Champlin e della sua Dodge Charger del ’68, un’auto che per molti rappresenta il sogno americano su quattro ruote. L’ha comprata lo scorso autunno, realizzando il desiderio di una vita. Peccato che fosse ridotta a un ammasso di ruggine. Ma Westen non è tipo da arrendersi facilmente. Nel suo garage quella carcassa ha iniziato una trasformazione radicale, come se il brutto anatroccolo volesse diventare un dragone.
La vera svolta è arrivata con una decisione audace: montare un motore HEMI Hellcat di ultima generazione, potenziato fino a toccare quota 1.500 cavalli. Un propulsore con un passato nelle gare di accelerazione, che Westen ha scelto proprio per questo motivo. “Non è usurato”, diceva sorridendo, “ha solo esperienza”.
Sollevata sul ponte, la vecchia Dodge mostrava tutti i suoi acciacchi. Il pavimento era talmente corroso che si poteva vedere l’asfalto sotto i piedi. L’impianto elettrico sembrava un nido di serpenti impazziti. Il vecchio motore, che sulla carta doveva essere un gioiello, al banco prova si è rivelato un bluff: miseri 215 cavalli.
I problemi sono iniziati subito. Durante i lavori all’impianto elettrico, delle scintille hanno innescato un principio d’incendio nell’abitacolo. Per fortuna c’era un estintore a portata di mano. Poi è arrivato il momento di dare vita al nuovo cuore. Il rombo del HEMI ha fatto tremare i muri del garage, un suono così profondo da far vibrare le viscere.
Non contento, Westen ha aggiunto un compressore volumetrico e un collettore Holley. Sul cruscotto, un quadro strumenti digitale stonava con l’età della vettura, ma almeno avrebbe permesso di tenere sotto controllo quel mostro meccanico. O almeno questo era il piano.
Il gran finale è arrivato durante la prima prova su strada. Westen, con il casco ben calzato, ha premuto l’acceleratore. Un attimo di silenzio, poi un boato sordo. Il collettore di aspirazione si è spezzato di netto, come se quella potenza fosse troppa anche per un pezzo di metallo massiccio.
È finita così, con un pezzo di motore spaccato e un sogno infranto. Ma nel mondo delle auto elaborate succede spesso: si cerca di spremere l’impossibile da un mezzo che forse chiedeva solo di essere restaurato con rispetto. D’altra parte, chi non rischia non rosica, come si dice in gergo. E Westen, almeno, ci ha provato. Anche se il risultato finale somiglia più a una lezione di umiltà che a una storia di successo.
La sua Charger, che lui chiama affettuosamente Tater, tornerà probabilmente in garage. Magari per un approccio più cauto alla modifica. O forse no, chi può dirlo. Nel mondo dei motori, la passione spesso supera il buon senso. E non è detto che sia sempre un male.
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