Nuova mazzata per i cittadini, cambiano le regole e si spenderà di più. A vincere sono i taxi, ecco i dettagli.
Una decina di anni fa aveva fatto capolino il servizio relativo ad Uber in Europa e nel nostro Paese. Una rivoluzione accolta con entusiasmo dopo il grande successo che era stato relativo agli Stati Uniti. Nel 2013, i più attenti ricorderanno l’arrivo del servizio all’interno dei confini italiani. Quasi tutti sapranno, in soldoni, in cosa consiste Uber: cioè offrire delle corse con la propria auto a prezzi convenienti e più bassi rispetto ai taxi.
Il tutto tramite un semplice click. L’esperienza utente con Uber è, nel tempo, stata resa estremamente semplice grazie all’applicazione mobile intuitiva. Sia gli utenti interessati ad un passaggio che gli stessi conducenti possono, infatti, accedere facilmente alla piattaforma Uber per accettare richieste di corsa, guadagnando denaro extra utilizzando il proprio veicolo.
Andare a rivoluzionare uno status quo, però, può attirare anche tante problematiche. Nel caso specifico, Uber ha ovviamente causato tanti “fastidi” ai tassisti tradizionali, che hanno posto, negli anni, svariate questioni: dalle licenze, ad argomenti inerenti alla sicurezza dei passeggeri e dei conducenti, nonché problemi riguardanti la classificazione dei conducenti come appaltatori indipendenti anziché dipendenti dell’azienda. Tra le altre problematiche lamentate da qualcuno, ci possono essere altri aspetti citabili: la mancata chiarezza delle tariffe, la possibile usura dei mezzi utilizzati oltre, ultimo ma non meno importante, alla non puntualità e qualità degli “autisti”. I tassisti potrebbero ora aver vinto la battaglia. Utilizzare i taxi di fatto, potrebbe diventare l’unica soluzione possibile e spendibile in Italia.
Mazzata sugli italiani: le loro tasche ne risentiranno…
Nel 2015, in risposta, il tribunale di Milano dichiarò come illegale il servizio svolto da Uber, con la motivazione di “concorrenza sleale”. A disposizione dei clienti è rimasto, di fatto, solo il servizio di lusso “Black”. Le ultime notizie, però, sembrano andare verso l’elisione anche di questa possibilità. I vertici stessi del colosso Uber lo hanno comunicato, facendo riferimento alla recente riforma relativa al nolo di auto con conducente, nell’ambito dalle bozze del Dpcm relativo alle piattaforme tecnologiche di intermediazione. Entreranno, infatti, in gioco diversi nuovi fattori: in primis, sarà obbligatorio specificare tanto il tragitto che l’utente desidera effettuare quanto gli orari di partenza e di arrivo. C’è di più: sarà obbligatoria l’attesa di ben 60 minuti tra un servizio e l’altro prima di cominciare una nuova corsa. In termine tecnico, si chiama minimun waiting time, che gli operatori considerano punitivo e con ripercussioni pesantissime su turisti e pellegrini.
Una ancora più grande problematica è relativa al divieto di intermediazione. Alberghi, agenzie di viaggio, cooperative ed organizzazioni analoghe non potranno più servirsi di servizio NCC per chi alloggia presso le proprie strutture.
Per quanto di operativo non ci sia ancora nulla, la riforma del settore proposta dal ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, attualmente in elaborazione, sembra avere un intento dichiarativo particolarmente chiaro. Ne ha parlato il Ceo mondiale di Uber stesso nei giorni scorsi, “a rendere illegale il trasporto a chiamata in Italia, per proteggere un piccolo ma influente gruppo di tassisti”. In caso tutto ciò divenisse realtà, a pagarne le conseguenze potrebbero essere soprattutto i consumatori e le proprie relative tasche, soprattutto per viaggi in orari notturni. La situazione, nel frattempo, è da monitorare: dopo alcune manifestazioni già in essere nel mese scorso, si sono verificate alcune, soprattutto nella Capitale, promosse da imprese e Ncc.