Anche dietro un’opera di animazione colorata e piacevole da guardare, può esserci un drammatico retroscena. Il nome del protagonista di Cars non è casuale…
I cartoni animati sono spesso considerati un vero mondo a parte rispetto a quello dei film. Laddove una pellicola può essere violenta, d’azione serrata o perfino pornografica, un cartone è una sorta di rifugio in cui lo spettatore può abbandonare tutti gli stress della vita reale per immergersi in un mondo colorato e piacevole, una sorta di fuga dalla realtà tanto per i bambini che per gli adulti, come prova il fatto che spesso, i genitori accompagnano i figli a vedere queste pellicole anche per pura nostalgia.
Come è giusto che sia, anche il mondo delle automobili vanta un cartone animato dedicato al mondo delle corse. Si tratta della trilogia Cars inaugurata dal primo film Motori Ruggenti del 2006 e che ha avuto due sequel, uno uscito nel 2011, una bizzarra spy story con le automobili come grandi protagoniste ed uno nel 2017 in cui il protagonista, Saetta McQueen, abbandona il mondo delle corse capendo di essere ormai pronto a lavorare come allenatore per una nuova star.
Difficile immaginare qualcosa di più colorato, felice e vivace di Cars, una serie che – pur se con riflessioni su temi molto seri come la vecchiaia, la perdita e il significato della competizione in pista e fuori – rimane perlopiù allegra e divertente come ci si aspetta da un cartone. Ma c’è un retroscena molto triste. E riguarda proprio il nome dato al protagonista, la macchina rossa più famosa del cinema animato.
Il nome del protagonista Saetta McQueen potrebbe sembrare a molti un omaggio all’attore Steve McQueen. Dopo tutto la star di tanti film d’azione che è scomparsa da tanti anni correva effettivamente come pilota amatoriale, tra una ripresa e l’altra. E invece, la realtà è molto più triste. Il nome del protagonista di Cars è un omaggio a Glenn McQueen, collaboratore degli studi Pixar scomparso in circostanze tragiche.
Nato in Canada nel 1960 Glenn McQueen era un membro irrinunciabile del team Pixar nei primi anni duemila, quelli del boom in cui l’animatore ha lavorato tra gli altri a Toy Story e pure su A bug’s Life, due classici che hanno aiutato molto l’azienda a crescere. Purtroppo, nel 2002 arrivò la drammatica notizia: dopo una lotta contro il cancro, l’animatore perse la vita mentre lavorava a Alla ricerca di Nemo che sarebbe stato il suo ultimo progetto.
Distrutti dal lutto e desiderosi di ricordare il loro amato collega gli animatori della Pixar decisero di omaggiare McQueen dando il suo cognome all’automobile protagonista del film di corse così da consegnarlo all’immortalità nel cinema. Un commovente tributo che mostra come spesso, anche il mondo dell’animazione sia legato a doppio nodo con la realtà. Che non sempre è colorata e felice.
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