Città 30 shock: quanto accaduto a Bologna potrebbe essere solo la prima evoluzione di un fenomeno a più ampio raggio
Il tema delle cosiddette “Città 30” ha scatenato un grosso dibattito in questo inizio di anno. I due casi mediatici d’interesse principale sono relativi a Bologna e Roma, quest’ultima relativamente al caso della zona di Casal Monastero.
Per quei pochissimi che non lo sapessero, alcune città hanno deciso di ridurre i limiti di velocità all’interno dei centri cittadini a 30 chilometri all’ora, rispetto a quello che è la solita “colonna d’Ercole” dei 50 km/h. Alla base del tutto, ci sono varie concause tra loro più o meno incatenate: migliorare la sicurezza stradale, ridurre gli incidenti, promuovere uno spazio urbano più accogliente per i pedoni e i ciclisti, ma provare a limitare le emissioni di inquinanti.
Ovviamente, può rappresentare un cambiamento molto importante per i cittadini, a maggior ragione in un’epoca in cui si è sempre più frenetici negli spostamenti ed il tempo da perdere è, di fatto, pochissimo. Al contempo, non mancano le persone che guardano positivamente a questo possibile nuovo scenario, soprattutto se accompagnato da forti interventi di rafforzamento di vere e credibili alternative all’uso smodato dell’automobile.
Il tema è stato oggetto, tra le altre cose, anche di dibattito politico, con il Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini apparso sempre particolarmente scettico in merito. A inizio febbraio, lo stesso Salvini, ha dato adito a una direttiva che potrebbe limitare, in tal senso, il potere dei sindaci. L’intento è quello di optare i 30 km/h come limite “solo dove è necessario” e, in ogni caso, “(…) da motivare per ogni strada”, facendo eco a quanto recita l’articolo 142 del Codice della Strada.
Al di là delle possibili diverse prese di posizione possibili, l’esperimento di Bologna sembra aver attecchito discretamente. Con gli ultimi provvedimenti effettuati, le “Zone 30” finiscono per essere interessanti circa il 90% della parte più densamente abitata del capoluogo emiliano stesso. L’impressione, è che presto il tema sarà di stretta attualità ed effettuazione anche altrove, nel nostro Paese.
Le ultime notizie, individuano un’altra grossa città come Genova tra le possibili “aderenti” al progetto delle Città 30. A preoccupare, sotto all’ombra della Lanterna, sono i tanti incidenti stradali.
Nei giorni scorsi si è spesa in modo attivo per questo Legambiente, a margine della campagna Città2030: le città e la sfida del cambiamento, nel solco della Clean Cities Campaign, campagna che promuove una mobilità sostenibile e a zero emissioni. Tra i dati a sostegno del cambiamento da apporre alla mobilità, sembrerebbe venire in soccorso la bassa velocità media a cui le automobili viaggiano a Genova (28 km/h circa).
Cambiare il limite di velocità e rivederlo al ribasso, quindi, aiuterebbe, quindi a ridurre i meri picchi di accelerazioni e frenate, probabilmente rendendo anche meno stressante la guida degli automobilisti stessi, anche se, su due piedi, potrebbe sembrare il contrario.
Anche se non è capoluogo di provincia della Lombardia, non di poco conto può essere considerato l’impatto di Brescia. La Città della Leonessa è un centro culturale vivace, e la città è addirittura dotata di una bellissima metropolitana, molto ben funzionante. Già particolarmente improntata in direzione “zona 30”, ha ora l’obiettivo di ampliare questo provvedimento, entro due anni, alla metà della superficie del centro cittadino. Nel mirino il modello di Bologna, con annessi ampissimi investimenti sulla mobilità sostenibile, anche grazie al contributo di alcuni bandi pubblici.
I primi dati sul caso di Bologna, nel frattempo, fanno registrare numeri positivi, soprattutto per quello che riguarda la diminuzione degli incidenti. Forse, con il tempo, questa trasformazione diverrà, man mano, sempre più all’insegna della normalità…
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