Mentre in giro per il mondo si compiono sempre più passi verso l’elettrico, l’Italia ne fa uno indietro piuttosto imponente: la scelta è definitiva ed è stata anche motivata.
La riluttanza della platea dei guidatori ad affezionarsi alle vetture elettriche, rispetto alle quali i principali indugi sono causati dall’autonomia fra una ricarica e l’altra e il prezzo di tale tipologia di quattro ruote, in Italia è accompagnata anche dalle poche “scommesse” da parte dei gruppi industriali e degli investitori. Il Belpaese compie un passo indietro rispetto a una novità che avrebbe accompagnato l’Italia in grande stile nella rivoluzione green.
Una delle aziende più note nella produzione di batterie in Italia è l’Italvolt, la quale versa in una critica crisi, al punto che l’imprenditore Lars Carlstrom ha dato l’ok alla formazione di un concordato. Un’evoluzione dei fatti attesa da tempo, la quale sta trovando concretezza in questo momento, dopo il flop di Silk-Faw. Si tratta di una joint-venture statunitense e cinese, che avrebbe dovuto portare alla fondazione di un maxi hub per produrre supercar elettriche a Reggio Emilia. L’investimento non è mai stato realizzato e ciò ha generato grande delusione anche da parte delle istituzioni pronte a investire delle cifre.
Il ridimensionamento che la notizia ha comportato ha riguardando anche Italvolt, la quale a questo punto non creerà alcuna Gigafactory in Italia. L’ultima decisione che giunge in coda a tutte le altre, spiegate con dovizia di particolari da ‘Milano Finanza’. La difficoltà dell’azienda è pregressa, infatti era stata avviata anzitempo la liquidazione giudiziale poi era avvenuta la messa in mora ad opera di Pininfarina, in qualità di creditore per il progetto mai realizzato della Gigafactory a Scarmagno. I problemi della rete elettrica sono stati la motivazione ufficiale, ma in realtà i problemi strutturali di Italvolt motivano ampiamente la debacle dell’ambizioso programma.
Italia, addio all’elettrico: il progetto è stato estinto
Lars Carlstrom da socio di maggioranza ha provato ad evitare la tempesta del fallimento, proponendo un ricorso alla proceduta concordata, affermando di voler ancora proseguire con il progetto della Gigafactory – come si legge nei documenti presentati presso il tribunale di Milano – “avendone le concrete possibilità ed essendo inalterate le aspettative di nuova finanza”. Pare, infatti, che i segnali da parte degli investitori siano rassicuranti circa la volontà, tuttavia difficilmente queste premesse troveranno riscontro nella realtà.
Principalmente perché – ancora si sottolinea nei file – sussistono difficoltà burocratiche dovute al sistema procedurale italiano per “i limiti ambientali e ambientalistici, il complicato colloquio con le istituzioni locali”. Nonostante il fondo di verità che emerge da queste precisazioni, esistono anche i dati a sostegno dell’evidente difficoltà finanziaria di Italvolt che, in tali condizioni, faticherebbe a generare fiducia in chi dovrebbe scommettervi: il debito al 2022 è di 5,5 milioni di euro e non è avvenuto alcun aumento di capitale, con perdite che a marzo 2023 hanno toccato i 3,8 milioni di euro.