Le batterie sono una componente essenziale degli EV, ma rappresentano anche il loro limite. Con questa soluzione però cambierà tutto.
I prossimi anni vedranno le auto elettriche sempre più al centro del mercato e dell’attenzione. Finora in Italia la risposta non è stata secondo le aspettative a causa dell’alto costo delle macchine e della scarsa presenza di infrastrutture per ricarica. Ma c’è un altro elemento a suscitare perplessità sulla tecnologia, ovvero l’autonomia.
Ad oggi, effettivamente, la durata limitata dell’energia che alimenta i veicoli rappresenta il punto debole di questo genere di veicoli, soprattutto perché per riportarla ad un livello accettabile non è sufficiente la manciata di minuti di un normale rabbocco di carburante, bensì ci possono volere svariate ore.
Attualmente la tipologia di accumulatori più diffusa è quella agli ioni di litio, tuttavia alcune Case hanno già cominciato ad adottare altri modalità più efficienti. Uno in particolare sembra mettere tutti d’accordo. Di quale si tratta? Adesso lo vedremo. Quello che è certo è che la minor spesa produttiva e la più facile reperibilità delle materie prime dovrebbe abbattere i prezzi finali.
Batterie auto elettriche, così si risolverà il problema dell’autonomia
Come detto al momento le batterie più diffuse sono quelle che presentano il mix di nichel, manganese e cobalto, ma la versione al litio – ferro-fosfato sta acquistando popolarità tra i produttori automobilistici. Il funzionamento è abbastanza simile. Anche qui sono presenti un anodo e un catodo e viene sfruttato il flusso degli ioni tra i due elettrodi nei cicli di carica e scarica.
Nato in Cina a metà degli anni ’90 il sistema LFP fece subito incetta di consensi proprio per i costi contenuti, e perché avendo tra le componenti il ferro era piuttosto semplice da realizzare, senza tralasciare la mancanza di tossicità. Tuttavia a causa della scarda conduttività elettrica non potevano essere utilizzate a più applicazioni. Nel corso del tempo e con nuovi studi sull’architettura interna, si è giunti alla conclusione che una soluzione migliorativa poteva essere di rivestire i catodi con diversi materiali conduttivi. Ciò, oltre ad implementare l’autonomia, ne migliorava le prestazioni. Inutile dire che tutt’ora il Paese del Dragone è al vertice della piramide per quanto concerne la realizzazione e l’utilizzo. Se si guarda alle auto a spina più convenienti, ne sono tutte dotate e sempre di più questa via si sta facendo largo nel Vecchio Continente, dove colossi come il Gruppo Volkswagen ne stanno usufruendo parecchio.
Vediamo ora brevemente i vari pro e contro di questa “innovazione”. Il primo beneficio, come abbiamo spiegato è di natura economica, in secondo luogo citiamo la facilità di ottenere i materiali, quindi l’efficienza e le prestazioni con oltre 10mila di cicli di carica e scarica, contro i 3mila degli accumulatori agli ioni. Sono inoltre meno infiammabili, più resistenti al calore e più reattivi nel rilascio dell’energia.
Circa gli svantaggi vanno segnalati il peso e la grandezza e questo influisce complessivamente sula performance, inoltre hanno un voltaggio più basso, motivo per cui il recharge diventa ancora più impegnativo in termini di tempo. Da notare però che le recenti evoluzioni hanno diminuito il problema.