L’ultima decisione di casa Stellantis sorprende e fa discutere. L’azienda pronta a “fuggire” dall’Europa.
Con buona pace dei nostalgici, i tempi in cui le aziende e il loro paese natale erano un tutt’uno e formavano un binomio indissolubile sono finiti, almeno per quanto riguarda i colossi nei diversi settori dell’industria. Questo vale anche, e per certi versi soprattutto, per l’automotive. Basti pensare a Stellantis, che per i leggendari marchi che fanno parte del suo universo ha studiato strategie sempre più proiettate verso il mercato internazionale e la conquista di un pubblico sempre più vasto ben al di fuori dei confini nazionali. La crescita globale del gruppo e dei brand è una condizione fondamentale per il mercato odierno, dove non ci si può più permettere di guardare solo al proprio orticello e per vincere la battaglia contro i competitors è necessario allargare sempre di più i propri orizzonti.
Questa imprescindibile linea aziendale non è però troppo ben vista da una buona fetta dei rispettivi cittadini, che affezionati all’azienda “di casa” e preoccupati per la minore presenza nel territorio nazionale (con tutto quello che ne consegue in termini di posti di lavoro) lamentano una eccessiva omologazione e una perdita d’identità dei brand. Un esempio delle critiche a riguardo è la FIAT, da tempo ormai da alcuni tacciata di essere troppo poco “italiana”.
Certamente non aiuterà a far tacere le critiche l’ultima decisione presa da Stellantis, destinata a far discutere.
Lunedi 11 Dicembre Stellantis ha infatti inaugurato il primo stabilimento FIAT in Algeria, ad Orano, alla presenza dei vertici della holding, tra cui l’ad Tavares. Presenti anche autorità politiche italiane (ha presenziato il vice ministro alle imprese e al made in Italy Valentini) e algerine (il ministro Ali Aoun), che hanno applaudito l’iniziativa e ribadito come questo solidifichi i rapporti tra i due paesi.
Lo stabilimento, che copre 40 ettari e darà lavoro a 1200 persone, sarà il nuovo quartier generale dell’azienda italiana per quanto riguarda la zona. Avrà una capacità di 50.000 unità, destinata a salire sino a 90.000 nel prossimo futuro, e produrrà alcuni dei modelli di punta dell’universo FIAT, tra cui anche la 500 ibrida.
L’investimento da 200 milioni, certamente, non ha fatto troppo sorridere i lavoratori dell’azienda torinese del nostro paese, preoccupati che con questo passo possa essere tolta ulteriore influenza e posti di lavoro all’Italia nell’universo FIAT e che l’espandere l’industria dei motori nel continente africano sia solo “una facciata” per produrre a costi inferiori.
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