La chiamavano il “Rottweiler”: mordeva la strada ma sapeva essere anche forte, stabile, elegante. Ecco la storia di una moto iconica.
Ci sono moto che hanno meritatamente scritto pagine di storia e che sono diventate, legittimamente, pietre miliari nel mondo delle due ruote, entrando di diritto nella quotidianità di quanti, appassionati ed esperti, hanno avuto l’onore di guidarle.
La potenza, nel loro caso, ovvero la qualità delle prestazioni, ha rappresentato il fondamento del loro trasformarsi in vere e proprie icone: non sono mancate design “aggressive” e accattivante, sempre perché, lo ricordiamo, parliamo di moto sportive, di veri e propri “guerrieri” dell’asfalto.
Non è un caso che la moto in questione, un meraviglioso esemplare di una delle più grandi famiglie italiane, è stata soprannominata “il Rottweiler”. Attenzione però a pensare che siamo di fronte ad una moto tutta potenza e nulla più: certe storie, così durature, così indelebili, si costruiscono con fattori chiave come eleganza e sicurezza, oltre che forza delle prestazioni e qualità dei materiali.
Correva l’anno 1978 e Moto Guzzi lanciava sul mercato il modello V1000 G5: la G5 fu introdotta nella gamma come tentativo di recuperare alcune delle perdite derivanti dal fallimento nello showroom della V1000 i-Convert ispirata a De Tomasso di tre anni prima. È ormai ampiamente riconosciuto che non c’era molto di sbagliato nel Convert, almeno secondo gli addetti ai lavori con il “senno di poi”.
Nel ’78 Moto Guzzi, con la V1000 G5, non fece altro che mettere sul mercato quella che era essenzialmente la stessa moto (ci riferiamo alla V1000 I-Convert), dotata di un convenzionale cambio manuale a 5 marce, e la ribattezzò G5. Questa denominazione sta semplicemente per “cinque giri”, cinque marce. Esteriormente, la moto era la stessa del suo compagno semi-auto dotato di convertitore di coppia.
Moto Guzzi V1000 G5: a partire dal 1978 nulla fu più lo stesso
La V1000 G5 era equipaggiata in modo simile per i viaggi con un grande schermo, valigie rigide, barre di protezione anteriori e posteriori, persino i caratteristici “profili aerodinamici” montati sulle barre di protezione anteriori. Il modello manuale, tuttavia, era dotato di pedane standard e non delle pedane del Convert e, mentre la console della strumentazione era simile, il nuovo modello montava un piccolo contagiri montato sotto il grande tachimetro centrale racchiuso nella stessa console di plastica stampata.
Nell’ultimo anno di produzione questo fu sostituito con un set più convenzionale di orologi posti uno accanto all’altro. Attenzione a pensare che non esistessero delle differenze tra le due “gemelle”. Il principale vantaggio di cui godeva il G5 rispetto al Convert era l’aumento della potenza erogata, e quindi della velocità massima.
I tester contemporanei hanno scoperto che il G5 raggiungeva effettivamente, oltre 40 anni, la velocità incredibile di 190 km/h, che rappresenta di fatto un aumento di circa il 10% rispetto al modello semi-auto con il suo convertitore di coppia che riduce la potenza.
Il G5 “adorava” letteralmente le strade di campagna. Forse una delle scoperte più sorprendenti di questo particolare esempio è che i freni erano un gioiello a livello di prestazioni e supportavano la potenza anche su strade “tortuose”. Gli esperti non hanno dubbi: la chiamavano “Rottweiler” per potenza, eleganza, aggressività ma anche per una profonda forza fisica che si traduceva in stabilità da vendere.
Con Moto Guzzi V1000 G5 Cafè Racer siamo di fronte ad una due ruote solida come una roccia quando premi il pedale del freno e puoi rallentare piacevolmente fino a fermarti. Difficile immaginare che un modello così potente potesse anche regalare uno straordinario comfort di guida: potevi stare in sella alla V1000 per ore e ore e godertela, senza sentire mai dolori alla schiena. Insomma la compagna ideale per i viaggi a lunga percorrenza, una delle più belle moto per avventure on the road che la storia delle due ruote ci abbia regalato.