In Austria la Ferrari ha sacrificato Sainz per assicurare a Leclerc il piazzamento alle spalle di Verstappen e subito scoppia la polemica.
Aiutata in parte dalle diverse penalità distribuite dai commissari ad indirizzo di chi non rispettava i limiti della pista, al Red Bull Ring la Ferrari è riuscita a tornare sul podio con Leclerc dopo un digiuno partito da Baku. Sicuramente una situazione di cui compiacersi, se non fosse che come ogni GP, qualcosa ha lasciato l’amaro in bocca al box, o meglio a chi era al volante.
Nella fattispecie ci riferiamo a Carlos Sainz il quale, dopo aver concluso in terza posizione la Sprint Race del sabato, aveva cominciato a pregustarsi una domenica da top 3 ed invece, al traguardo, per colpe non sue, ha dovuto accontentarsi di un insipido quarto posto, accettato a malincuore.
Un disappunto evidente, lui mostrato senza timore alle tv che lo hanno intervistato a caldo. E siccome non era abbastanza, a qualche ora di distanza è arrivata pure la beffa dell’arretramento di due ulteriori piazze per aver superato i track limits in ben sei occasioni.
A indispettirlo più di tutto però è stato l’atteggiamento del team quando in regime di Virtual Safety Car ha deciso di fare un doppio pit stop. Un comportamento del genere prevede che chi è dietro inevitabilmente ne esca penalizzato in quanto si trova a dover aspettare il collega di marca. Oltre a ciò non è mancato neppure l’invito a non attaccare il monegasco.
In un momento delicato per il Cavallino in cui la sinergia dovrebbe farla da padrone, essendo la squadra soltanto la quarta forza in campo, la strategia utilizzata non aiuta e non funziona a tenere unito il gruppo e alla fine qualcuno viene sempre scontentato.
In una delle domeniche più aggressive del figlio d’arte, in cui è stato capace di tirare fuori grinta e fame di sorpassi, il muretto lo ha frenato, facendogli svolgere il ruolo di secondo. “Lo avevamo già stabilito prima della corsa“, si è affrettato ad ammettere, salvo poi palesare tutta la propria delusione.
Uno scoramento reso evidente sin dai primi scambi con il suo ingegnere Riccardo Adami, che, alla domanda su come avvertisse il passo, si è sentito rispondere dal pilota di affidarsi alla telemetria: “Credo tu lo possa vedere. Non c’è bisogno di dirtelo“, la replica piccata dell’iberico.
E non è andata meglio successivamente, quando alle sue insistenti richieste di passare il cosiddetto Predestinato, il tecnico lo ha messo a tacere richiamandolo ad attenersi al piano prestabilito.
Ma il picco della frizione tra le parti si è verificato quando si è optato per la chiamata in pit lane di entrambe le SF23. Nella mente del #55 c’era la volontà di prendere spazio dal compagno, ma l’equipe glielo ha impedito facendolo accodare al team-mate. Complice un cambio gomme al rallentatore, si è ritrovato quinto e con l’obbligo di rimonta. “Ma perché non siamo rimasti fuori?“, l’interrogativo retorico rivolto al suo ingegnere, perfetto riassunto dello smarrimento di Carlitos.
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