Il GP d’Argentina della MotoGP è in archivio, ma non nella mente del capotecnico della VR46 Racing Flamigni. Merito di Bezzecchi.
Al suo secondo anno nella classe regina dell’automobilismo, sul circuito di Termas de Rio Hondo Marco Bezzecchi ha fatto il botto. Grazie ad una prestazione solida il riminese si è portato a casa una vittoria inaspettata che ha fatto esplodere di gioia il box della Mooney VR46 Racing, in particolare quello Matteo Flamigni, capotecnico e spalla indispensabile per il giovane pilota.
Parlando al sito Corsedimoto, l’ex Yamaha ha condiviso l’emozione ancora viva per il successo ottenuto in Argentina. “Sto iniziando a metabolizzare adesso, anche perché vedo che l’interessamento è aumentato in maniera esponenziale. E’ successo qualcosa di incredibilmente bello e grande”, ha affermato entusiasta per il risultato e per le modalità con cui è arrivato, ossia grazie ad un rendimento ottimo sia sull’asciutto, sia sul bagnato della gara.
Per l’ex telemetrista di Valentino Rossi sarebbe però ingiusto e sbagliato parlare di prima posizione al di sopra delle più rosee aspettative. Questo perché il duo ha intrapreso da tempo un percorso volto a trasformare il 24enne in un corridore in grado di fare la differenza. Non a caso nel 2022 si era aggiudicato la coppa di miglior debuttante.
“La cosa che mi piace è che ha iniziato come ha finito, forse anche meglio! Questo vuol dire che è stato un inverno in cui si è dato da fare e anche noi come squadra siamo cresciuti”, ha proseguito nella disamina, consapevole che arriveranno comunque fine settimana in cui non tutto filerà liscio come l’olio.
A proposito della relazione che si è instaurata tra di loro, Matteo si è detto molto soddisfatto. “Ci siamo presi bene da subito”, ha confessato. “Lui è un ragazzo molto spontaneo, affettuoso e simpatico. E’ praticamente impossibile non avere un buon feeling con lui. Anche io sono una persona abbastanza aperta e solare, da questo punto di vista ci assomigliamo un po’”, ha aggiunto sottolineando però come il rider romagnolo abbia acquisito man mano un approccio più riflessivo e meno indirizzato al rischio in ogni occasione.
“Quello che apprezzo è che impara in fretta e riesce a mettere in pratica. Cosa per nulla scontata. E’ migliorato in tutto e per questo è riuscito a firmare tre podi in due weekend”.
Malgrado i lati positivi siano maggiori di quelli negativi, non tutto è stato perfetto da inizio annata. A Portimao Marco è scivolato due volte. Ciò nonostante il team ha saputo reagire in maniera immediata. “Ognuno nel proprio ruolo sta facendo il 110%. Devo dire che ho una squadra di primissimo ordine, dal primo all’ultimo. Ragazzi eccezionali che lavorano a testa bassa dalla mattina alla sera, senza commettere errori”.
Allargando lo sguardo alla MotoGP in generale e all’ingresso delle Sprint Race del sabato, il tecnico dell’Emilia-Romagna ha promosso a pieni voti il nuovo sistema. “Sembra che piaccia molto anche ai fan perché è da cardiopalma dalla prima all’ultima curva, a differenza della gara della domenica in cui bisogna gestire di più le gomme e quindi è un po’ più tranquilla”, ha considerato prima di dare un proprio giudizio personale. “Avere l’opportunità di capire che eventualmente il primo set-up scelto non è quello giusto ti dà la possibilità di rimetterti in gioco. Insomma ti offre una seconda occasione. Quindi a me piace“.
Passando ad un altro tema forte di questo avvio di Mondiale, ovvero la supremazia del marchio Ducati, Flamigni ha asserito: “La Desmosedici è veramente eccezionale, performante, versatile. E vanno forte tutti, a differenza delle altre case costruttrici in cui emerge sempre un solo pilota”.
Lodata la lungimiranza del marchio che, schierando otto moto, è come se corresse con dieci cavalli in più il 53enne ha messo a tacere i critici: “Quando c’era il dominio Honda negli anni ’90-2000, oppure quello Yamaha, nessuno diceva niente. Nel momento in cui ci si è trovati con la griglia spoglia, la Casa di Borgo Panigale è stata l’unica capace di fare qualcosa per aiutare il campionato”.
Per imitazione pure Aprilia ha deciso di raddoppiare portando i suoi corridori a quattro, mentre il costruttore del Diapason, ad esempio, campione con Quartararo nel 2021, non ha azzardato.
Spostando il radar sull’appuntamento del Texas in programma dal 14 al 16 aprile, l’inizio scoppiettante ha fatto alzare l’asticella. “L’anno scorso purtroppo eravamo andati via con una caduta. Quest’anno, invece, ripartiamo da una buona base. Mi aspetto quindi ulteriori progressi, sempre a testa bassa, coi piedi per terra e con la consapevolezza dei nostri mezzi”, l’augurio che il livello raggiunto possa agevolare Bez, colmando l’assenza di informazioni dall’anno scorso.
Dal serio al faceto, dopo aver vinto il round argentino, il #72 aveva promesso un tatuaggio celebrativo, di cui tutt’ora non si sa nulla. Arriverà o non arriverà? Questo è il quesito. “Perché no!” La prima vittoria nella top class non si scorda mai! Tra l’altro è stata una corsa importante per vari motivi e per tante persone. Il primo successo di Marco nella categoria, il mio primo nel ruolo da capotecnico, per la stessa Mooney VR46 Racing Team, e per diversi ragazzi che lavorano nella scuderia”.
A rendere ancora più meritevole di un tatoo l’evento sudamericano, il fatto che per Marco si sia trattato del 72esimo primo posto con il numero che lo contraddistingue. “Gli ingredienti ci sono tutti!“, ha aggiunto concludendo con un’ultima riflessione. Quella che riguarda l’impatto positivo che un risultato del genere può avere sul singolo e sul collettivo.
“Per quanto mi riguarda penso di aver realizzato un sogno”, la sua analisi. “Dopo 18 anni con Vale mai avrei pensato di riprovare certe emozioni! Già la vittoria di Rookie dell’Anno del 2022 mi aveva inorgoglito parecchio, anche perché c’erano tanti esordienti. Una cosa è vincere se fai 15°, 10°. Un’altra è se hai ottenuto un podio e dei quarti posti su tracciati molto impegnativi come il Mugello… Insomma, su piste di peso per il Mondiale, sulle quali servono gli attributi! Già quello era stato un segnale importante”.
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