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Formula 1

Alonso, l’ex patron rivela un’amara verità: non doveva andare così

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Chiara Rainis

Dal debutto in F1 nel 2001 Alonso si è aggiudicato due titoli, ma per qualcuno è meno di quanto avrebbe potuto. E’ davvero così?

Dopo due anni di lontananza, nel 2021 Fernando Alonso è tornato a competere nel Circus e lo ha fatto non da comprimario, ma da protagonista assoluto. Sin dai primi GP del suo acclamato comeback lo spagnolo aveva fatto saltare tutti sul divano malgrado una Alpine non in grado di lottare per le prime posizioni. E ora, passato ad una più competitiva Aston Martin sta facendo davvero emozionare, tifosi e non. A dispetto dei suoi 41 anni, sta dando prova di avere una verve da far impallidire chiunque, specialmente le nuove leve. E difatti a 2023 appena cominciato ha conquistato già due podi, alla faccia delle varie Mercedes e Ferrari che lo scorso anno si erano contese le seconda piazza costruttori.

Fernando Alonso (Ansa Foto)

Una dimostrazione di forza che svela come se armato di una vettura dalle buone prestazioni, il Samurai sia in possesso di tutte le carte per fare ancora la differenza.

Alonso ha sbagliato, cosa avrebbe dovuto fare

Parlando del #14 Eddie Jordan, fondatore dell’omonoma scuderia in attività in F1 tra il 1991 e il 2005, si è detto convinto che se si fosse mosso meglio nella pianificazione della carriera, avrebbe portato a casa ben più delle due coppe attualmente a suo nome. Vincitore nel 2005 e nel 2006 con la Renault gestita da Falvio Briatore, l’asturiano non sarà più in grado di replicare il risultato nonostante le grandi doti in suo possesso.

Ricordo il sorpasso che fece su Schumacher alla curva 130R su una pista di Suzuka umida nel 2005. Sembrava una manovra impossibile. E lì mi resi conti che era un pilota destinato a fare grandi cose“, ha asserito a OLBG l’istronico manager irlandese.

Se avesse scelto le squadre in maniera più oculata, avrebbe potuto ottenere quattro, sei o addirittura otto Mondiali“, ha proseguito nella riflessione, biasimando il driver di Oviedo di essere andato dietro al denaro, anziché alla ricerca della gloria.

Per il 74enne ora che può godere di un’auto valida potrà mettersi in evidenza come nel passato, anche se per ragioni tecniche difficilmente potrà fare suo il terzo sigillo. “Sa di avere il materiale per terminare le gare in buona posizione. Sono certo che salirà sul gradino più alto del podio in qualche occasione. Ma non riuscirà a battere le Red Bull“, la sentenza definitiva.

Perché viene definito un pilota scomodo

Da sempre definito un corridore dall’enorme talento, ma difficile dal punto di vista caratteriale, l’iberico ha visto il suo percorso nella top class dell’automobilismo influenzata da questo aspetto. Costretto ad andare via dalla McLaren dopo una sola annata nel 2007 a causa delle tensioni con l’allora compagno di box Lewis Hamilton, di rientro ad Enstone sarà al centro di uno scandalo, quello del finto incidente di Singapore che vide protagonista il collega di box Nelsinho Piquet.

Chiamato in Ferrari per replicare l’era d’oro di Schumi, si perderà per la consueta inconsistenza della Rossa, ma altresì  per una presunta difficoltà a creare un ambiente sano e sinergico per via del suo egocentrismo.  Tornato a Woking nel 2015 non raccoglierà nulla, in compenso si farà notare per le critiche colorate e pubbliche nei confronti del motorista Honda.

Uscito dalla massima serie per dedicarsi alle corse americane, al WEC e alla Dakar, sarà reintegrato dalla Renault nel frattempo diventata Alpine non risparmiando frecciate sia alla squadra per le scarse performance e al giovane team-mate Esteban Ocon.

Alla verdona sembra aver trovato il clima ideale e per adesso sembra andare tutto a gonfie vele. Ma cosa potrebbe accadere se il patron Lawrence Stroll, alla luce del buon valore della AMR23, decidesse, ad un certo punto, di sacrificarlo a favore del figlio Lance?

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