Il team campione del mondo in MotoGP ha avuto per due anni Valentino Rossi, non ottenendo buoni risultati. Ecco le ragioni del fallimento.
Il biennio di Valentino Rossi sulla Rossa è stata una esperienza che, probabilmente, nessuna delle due parti ripeterebbe. Per la casa di Borgo Panigale fu il più grande insuccesso della sua storia. Dopo il mondiale conquistato da Stoner, la presenza di Rossi avrebbe dovuto, come per magia, riportare sul tetto del mondo la Desmosedici, ma le difficoltà furono immediate.
Sin dal primo test prestagionale il Dottore comprese la complessità della moto italiane. Il feeling non sbocciò, anche perché Yamaha e Honda erano simili, ma il bolide emiliano aveva caratteristiche uniche nel suo genere. Ai tempi la Desmosedici era un fulmine sul dritto, ma nei tratti misti richiedeva un approccio di guida molto lontano dalle corde di Rossi. Si arrivò ad un bivio: Valentino si sarebbe dovuto adattare alla moto o i tecnici avrebbero dovuto seguire le indicazioni adattandosi al campione?
Rossi era arrivato a Borgo Panigale, dopo un lungo corteggiamento, nato dalla volontà di spezzare il legame storico con la Yamaha. Dopo il nono e ultimo mondiale del 2009, il fenomeno di Tavullia era stanco della convivenza con Jorge Lorenzo. Il trionfo del maiorchino nel 2010 spinse il #46 a sposare la nuova avventura. La casa emiliana non stava attraversando un periodo positivo sul piano dei risultati. Casey Stoner aveva deciso di legarsi alla Honda, dove poi conquistò il suo secondo titolo iridato in MotoGP.
La Ducati aveva bisogno di un grande nome e il matrimonio avvenne con un patto biennale. Se sono rosse fioriranno, avrà pensato VR46. Jorge Lorenzo, liberatosi del peso dell’esperto rider italiano, trovò il gusto del secondo mondiale in top class. Rossi, invece, non festeggiò nemmeno una vittoria sulla Desmosedici, agguantando un terzo posto in Francia nel 2011 e due seconde piazze nel 2012. Nel secondo anno, la Rossa provò a ascoltare il campione, ma il divorzio a fine stagione fu inevitabile.
Valentino Rossi, le parole del ducatista Conti
Il sogno del Dottore sarebbe stato quello di vincere con tre moto diverse. Sarebbe entrato ancor più nella leggenda della classe regina. Purtroppo Rossi sulla Rossa fu un fiasco epocale. Dopo il biennio la casa di Borgo Panigale impiegò diversi anni prima di riprendersi del tutto. Solo nel 2020, grazie anche alle soluzioni tecniche di Dall’Igna, è tornata ad essere un punto di riferimento.
Da allora la Ducati domina, essendo riuscita, nella passata annata, anche a vincere con Bagnaia il mondiale piloti, a distanza di 15 anni dall’ultima volta. Gabriele Conti, in Ducati da quasi 20 anni, conosce benissimo l’atmosfera in squadra. Ha vissuto gli alti e bassi in MotoGP, ma i due anni con Valentino rappresentarono una forte delusione. In molti si aspettavano un successo assicurato. Dopo un entusiasmo iniziale, invece, le cose non andarono per il verso giusto.
“Tutti, compresi noi, erano quasi certi che non saremmo stati in grado di vincere il titolo nel primo anno, ma nel secondo anno sì. Ma eravamo troppo lontani. Nei due anni in cui è stato con noi non siamo riusciti a dargli ciò di cui aveva bisogno. In questo campionato non si può cambiare subito ciò che voleva, ci vogliono davvero alcuni anni, ma quando hai Valentino come pilota non hai più tempo”, ha affermato Gabriele Conti in una intervista riportata da Motorcyclesport.net.
Pace fatta con Rossi
Un chiaro riconoscimento di responsabilità, dopo anni di frecciate reciproche. Il discorso era semplice: Rossi avrebbe avuto bisogno di un periodo molto più lungo, ma quel tempo non c’era. A 33 anni non avrebbe potuto attendere il miracolo tecnico che è arrivato anni dopo. Era abituato alla Yamaha e tornò sulla M1. Il bolide giapponese era capace di dare il massimo in curva, grazie ad una agilità superiore.
Valentino Rossi in Ducati le provò tutte, ma cadde in più di una occasione per tenere i ritmi molto elevati. Non era il periodo giusto, anche perché gli avversari erano al top. Non solo c’era una Yamaha fortissima, ma anche la Honda aveva raggiunto l’apice. Ora tra le parti, almeno, è tornato il sereno.