Le MotoGP sono un concentrato di tecnologia pazzesco. Gli ingegneri hanno sviluppato delle moto estreme, sempre più complesse.
La classe regina attuale è molto cambiata rispetto a quella dei primi anni della MotoGP. Il campionato di punta del Motomondiale ha sempre regalato spettacolo con almeno due squadre al vertice, in grado di darsi filo da torcere. Il campionissimo c’è sempre stato, ma da qualche stagione è più il mezzo che il pilota a fare la differenza.
Negli ultimi anni il predominio della Ducati è stato così schiacciante da mandare in crisi costruttori storici come Honda e Yamaha. Dietro ad una crisi telaistica e motoristica si può rintracciare anche, a più ampio spettro, una rivoluzione senza precedenti. Le moto attuali stanno andando in una direzione da rendere sempre meno impattante la capacità del pilota. Quest’ultimo sembra quasi passeggero del mezzo meccanico.
Ai fan interessano le rivalità, i testa a testa. L’aspetto umano è stato surclassato e ciò è avvenuto anche in altre categorie del Motorsport, come ad esempio la Formula 1, dove la macchina è diventata da tempo più importante del driver. La MotoGP ha più variabili legate, ovviamente alle cadute o alla sfera della forma fisica dei centauri, vedasi Marc Marquez, ma ad oggi la tecnologia si è spinta talmente oltre da risultare complicato anche vedere una sfida finale tra due centauri.
Si tratta di moto talmente avanzate dal punto di vista aerodinamico che uscite dai binari convenzionali o dalla scia del pilota davanti non riescono a rendere al 100%. Questo concentrato di tecnologia estrema per ora sta favorendo i ducatisti che grazie alle innovazioni tecniche dell’ingegnere Luigi dall’Igna hanno fatto dei passi in avanti clamorosi rispetto all’epoca vittoriosa targata Stoner.
Lo scorso anno Bagnaia è riuscito in un’impresa che non accadeva da cinquant’anni alle nostre latitudini, ovvero vincere su di una moto italiana da rappresentante del nostro Paese. Il problema è che lo strapotere tecnico dimostrato nella scorsa stagione potrebbe essere ulteriormente rinforzato nel 2023. Chi insegue è costretto ad inventarsi qualcosa per colmare il gap, mentre chi può godere di una supremazia tecnica così accentuata beneficia anche di una costanza in termini di sviluppi. Conoscete la potenza della Moto3? Quanti cavalli hanno le moto.
I bolidi della MotoGP
Prendiamo ad esempio la Desmosedici della casa di Borgo Panigale che dalla stagione 2020 domina la classifica costruttori. In quell’anno furono Petrucci e Dovizioso gli alfieri della squadra corsa ufficiale a conseguire il riconoscimento dei costruttori, mentre nelle ultime due annate ci hanno pensato Jack Miller e Pecco Bagnaia a tenere alta la bandiera.
La superiorità della moto italiana è stata schiacciante, sia sul dritto che nei tratti misti. Il merito? La Rossa può fare affidamento su una ciclistica strepitosa. La cilindrata delle attuali MotoGP è di 1.000cc, godendo di 250 CV. Il punto di forza della Ducati Desmosedici campione del mondo sono il motore 4 tempi, V4 a 90°, raffreddato a liquido, distribuzione desmodromica con doppio albero a camme in testa e 4 valvole per cilindro.
Le velocità conseguite da Zarco (362 km/h), Miller (357,6) e Martin (358,8 km/h) lasciano pensare. Le caratteristiche del bolide emiliano sono le seguenti: Peso a secco: 157kg. Trasmissione: Ducati Seamless Transmission, trasmissione finale a catena. Alimentazione: Iniezione elettronica indiretta, 4 corpi farfallati con iniettori sopra e sotto farfalla. Farfalle controllate da doppio sistema Ride By Wire. Carburante: Shell Racing V-Power. Lubrificante: Shell Advance Ultra 4. La potenza della Moto2: ecco quanti cavalli ha al suo interno.
Telaio: Doppio trave in lega di alluminio. Elettronica: Centralina Marelli programmata con Software Unico Dorna. Pneumatici: Michelin, su cerchi anteriore e posteriore Ø17″. Cerchioni: Marchesini in lega di magnesio. Freni: Brembo, doppio disco anteriore in carbonio da 340mm con pinze a quattro pistoncini. Disco posteriore singolo in acciaio con pinza a due pistoncini.