I piloti di F1 vanno in pista con delle speciali tute, che sono fatte per garantire la loro sicurezza. Ecco quanto costano con esattezza.
La F1 è un mondo complesso, nel quale tutto ha una sua logica, con la FIA che negli ultimi tempi ha puntato e tanto sul miglioramento della sicurezza. Dal drammatico fine settimana di Imola del 1994, quando perirono in pista prima Roland Ratzenberger e poi Ayrton Senna, tutto è cambiato per sempre.
La F1 come la si conosceva è stata accantonata, in nome di uno sport più sicuro, anche se la tragedia di Jules Bianchi di Suzuka 2014 ci ha fatto capire che non si è mai troppo certi dei propri mezzi. Nelle prossime righe, vi porteremo alla scoperta delle tute dei piloti, di quanto costano e di come sono fatte.
F1, ecco quanto costa la tuta dei piloti
Le tute dei piloti di F1 hanno dei prezzi esorbitanti, ed è possibile stimare che vengano a costare qualcosa come 2000 euro l’una. Esse rappresentano una spesa importante per le squadre, visto che ogni pilota ne ha almeno 4-5 a disposizione durante ogni fine settimana di gara, ma è chiaro che la sicurezza in questi casi debba venire prima di tutto.
Sotto la tuta c’è un sottotuta, ovviamente ignifugo, e che deve garantire una certa resistenza al calore. Ai tempi di piloti come Juan Manuel Fangio, Nino Farina o Alberto Ascari, insomma, agli albori della F1, coloro che scendevano in pista potevano correre anche con delle magliette o con delle normali giacche da passeggio, ma poi tutto è cambiato.
Il mondo del motorsport ha fatto i salti mortali per adeguarsi agli standard di sicurezza moderna, ma va detto che i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Nelle prossime righe, vi sveleremo come sono fatte nel dettaglio le tute dei piloti, e vi assicuriamo che per arrivare ai livelli di oggi, è stato svolto un durissimo lavoro, sino all’approvazione di un materiale che molti neanche conoscono.
Ecco come sono fatte le tute dei piloti
Le tute dei piloti di F1 sono super tecnologiche e nascondono tanti segreti, che ora proveremo a riassumervi. Un evento cruciale che ha portato alla realizzazione di quelle moderne, che pongono al centro la sicurezza, fu l’incidente di Niki Lauda del primo agosto 1976, quando la sua Ferrari si trasformò in un inferno di fiamme.
Il tre volte campione del mondo si salvò per miracolo, ma rimase gravemente ustionato. All’epoca, infatti, le tute non erano ignifughe, e sono molti i piloti che sono scomparsi a causa di veri e propri roghi. Inizialmente, vennero imposte delle tute chiamate Plan B, fatte in amianto, ma nonostante un’ottima affidabilità, vennero abbandonate per via dei seri problemi che questo materiale causava al corpo umano.
Quelle odierne sono fatte in Nomex, che usa un materiale chiamato Meta-Aramide, molto leggero e che, soprattutto, garantisce la resistenza al fuoco. I tempi di trasmissione del calore, per essere approvate e superare i test FIA in base alla direttiva 8856-2018, non deve essere inferiore ai 12 secondi, e la differenza tra la temperatura del pilota e quella esterna non deve superare i 24 gradi in quell’arco temporale.
Le spalline di queste tute sono super-rinforzate, ed anche i marchi degli sponsor devono essere stampati per evitare ogni tipo di rischio durante gli incidenti. Le tute subiscono dei test massacranti, venendo poste sotto stress a temperature che vanno dai 600 agli 800 gradi.
Tutto ciò è ovviamente necessario per garantire ai piloti un certo quantitativo di sicurezza, anche se in uno sport come questo la fatalità è sempre dietro l’angolo. Il materiale ha funzionato nel caso dell’incidente di Romain Grosjean nel 2020, uscito praticamente indenne da un inferno di fiamme. Pochi anni fa sarebbe finita in maniera diversa.