La F1 è sempre stata caratterizzata dalla presenza dei pay driver. Ecco chi sono e perché c’è anche bisogno di loro nei vari team.
Il mondiale di F1 targato 2023 porterà al debutto tanti giovani interessanti, come Oscar Piastri e Nyck De Vries, ma anche un nuovo pilota americano, vale a dire Logan Sargeant. Quest’ultimo ha preso il posto di Nicholas Latifi, che dopo tre anni di disastri è stato finalmente appiedato dalla Williams, e visto il suo rendimento non poteva essere altrimenti.
Il mondo della F1 ha sempre avuto bisogno di ragazzi come lui, meglio definiti come pay drivers. Si tratta di piloti che arrivano nel Circus per via degli sponsor e dei milioni di dollari che versano nelle casse dei team minori, quelli che non hanno budget faraonici e che non si possono permettere delle spese troppo elevate.
F1, ecco cosa significa pay driver e quanti ce ne sono
Il mondiale di F1 racchiude al suo interno il top assoluto in termini di talento, sia per quello riguarda gli ingegneri, i manager ed ovviamente i piloti. Tuttavia, non è possibile che la totalità della griglia venga composta da fenomeni del calibro di Max Verstappen, Lewis Hamilton, Charles Leclerc, Fernando Alonso, George Russell e via dicendo, ma c’è bisogno anche di altro.
Oltre ai giovani che vogliono mettersi in mostra, vanno calcolati anche i famosi pay driver, ovvero quei piloti che sono in F1 grazie ai soldi che portano per le loro squadre, e che ovviamente non hanno lo stesso talento di molti dei loro colleghi. L’esempio lampante arriva da Nicholas Latifi, che ha esordito con la Williams nel 2020, e che è stato licenziato alla fine della scorsa stagione per gli scarsi risultati.
Un altro pilota pagante è sicuramente Lance Stroll, o meglio, lo era per definizio ad inizio carriera, mentre ora gareggia in una squadra che è di proprietà di suo padre Lawrence, ovvero l’Aston Martin, ma guardando al passato ce ne sono stati davvero molti, che sono risultati fondamentali per la sopravvivenza di alcune squadre.
Un caso molto discusso fu quello che si verificò nel 1995, quando la disastrosa Forti decise di ingaggiare Pedro Paulo Diniz, figlio di Abilio dos Santos Diniz, ovvero uno dei personaggi più ricchi di tutto il Brasile. Il pay driver aveva grossi rapporti con la Parmalat, e nel 1996 decise di spostarsi alla Ligier, “tradedo” la Forti che fu costretta a chiudere i battenti per mancanza di fondi.
Sempre in epoca recente è noto anche il caso di Ricardo Rosset, così come quello di Taki Inoue e di Gaston Mazzacane. I più competitivi tra i pay driver che abbiamo visto in epoca moderne sono sicuramente i vari Pedro de la Rosa, Marc Gené e Felipe Nasr, quest’ultimo autore di ottime cose con la Sauber tra il 2015 ed il 2016, forse silurato fin troppo presto dal team di Himwil.
Tornando ai giorni nostri, ha fatto molto scalpore anche il caso di Nikita Mazepin, il russo che ha gareggiato con la Haas nel 2021 grazie allo sponsor Uralkali, azienda russa produttrice ed esportatrice di potassio, di cui suo padre Dmitrij era il proprietario. La squadra di Gunther Steiner accettò l’accordo per via dei problemi economici in cui versava, ma nel 2022 le cose sono cambiate in maniera radicale.
Infatti, l’invasione delle truppe di Vladimir Putin nel febbraio dello scorso anno in Ucraina portarono il team statunitense a licenziare Mazepin e ad interrompere il contratto con l’azienda, cedendo il volante a Kevin Magnussen, che di certo ha ottenuto risultati sportivi nettamente migliori rispetto a quelli che Mazepin avrebbe potuto portare a casa.
Anche Guanyu Zhou porta soldi molto importanti nelle casse dell’Alfa Romeo Racing, e fu proprio questo a risultare fatale ad Antonio Giovinazzi, licenziato per far spazio al primo pilota cinese nella storia del Circus. Anche i pay driver, come insegna la storia, sono stati fondamentali per garantire la sopravvivenza di molti team, e visti i tempi che corrono, c’è il rischio che servano sempre di più in futuro.